Pare che stia creando più rumore del previsto.
L’articolo di oggi sul blog di Flavia Amabile per La Stampa, intendo.

Ci tenevo a far sapere che non mi piace come sono andate le cose.
Essere buttati fuori è una cosa che può succedere.
A chiunque.
Qualunque attività può trovarsi in difficoltà. Questo non lo contesto.

E’ il modo che è stato assurdo.
Soprattutto visto il rapporto che c’era tra noi.

Quindi sono arrabbiata.

Credo che sia lecito.

Per il resto trovo che la mia professionalità non sia in discussione.

So fare il mio lavoro.

Se poi il mondo della pubblicità si spaventa ad avere a che fare con una come me, pazienza.

Mi restano sempre i libri!

(e comunque mi sto muovendo, tranquilli).

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  1. Anonimo says:

    grande Valentina ho visto i tuoi lavori e per quello che vale sono veramente belli (anche se le due macchine che giocano a tennis mi ha sempre un po turbato, ma devo ammettere che è quello che mi ricordo di più) grande anche l’articolo di sfogo che hai fatto sulla stampa ti do ragione a pieni voti, purtroppo la nostra società è basata sul fatto che solo i più servizievoli raggiungono le alte carche mentre chi gia lavora bene “forse” continuerà a lavorare bene se non scalpita troppo, prova ad andare all’estero avrai sicuramente successo e facilità a trovare un buon lavoro con il tuo curriculum … ma non mollare mai.. ciao
    Beppega

  2. 2pa says:

    Ciao Valentina,
    sono un novizio del tuo blog su cui sono capitato spulciando il sito della stampa come al solito ogni giorno (ormai l’unico appiglio alla mia torinesità!), e l’articolo scritto su di te mi ha fatto una certa impressione.
    ma come? si lamentano del fatto che “i nostri migliori gggggiovani se ne vanno all’estero”, che “dobbiamo crear loro nuove opportunità”, o “dobbiamo regolarizzarli e dargli il buon vecchio contratto a tempo indeterminato di 50 anni fa” e poi una come te la buttano via così, come un pacchetto di sigarette vuoto!? non so molto di te, ripeto, ma ciò che hai fatto sul lavoro viene e verrà ricordato molto di + rispetto a qualche roba super infiocchettata e poi rivelatasi alla fine una sonora minchiata (e scusa il francesismo!). ti auguro un enorme in bocca al lupo, non mollare e ricordati che la vendetta è un piatto che va gustato GELIDO! e se vuoi vieni ogni tanto a fare un giro sul mio blog, almeno (spero) ti farai un paio di risate!
    ti lascio una massima di un pioniere australiano, da mandare a memoria: if there is any road not previously travelled, then that is the one I must take. anche se (come dici) il tuo inglese non è ottimo sono sicuro che la capirai!
    a presto, saludos!
    Paolo

  3. Anonimo says:

    Ho potuto leggere l’articolo pubblicato dalla stampa e posso solo dirti che io posso capirti: circa 2 anni fa a causa di ristrutturazione aziendale hanno segato me con conseguenze nefaste.
    Detto ciò mi piace quello che scrivi (specie perchè la pubblicità è un mondo a me vicino) e spero davvero che tu possa uscire presto da questa brutta situazione.
    Brava e ad maiora!!
    Nd

  4. Anonimo says:

    ciao,
    ho letto il blog sulla stampa.
    ho subito la tua stessa vicenda, sempre in un’agenzia di pubblicita’, con la differenza che io ho accettato un altro posto a tempo determinato, e che non ero una pubblicitaria, ma una semplice amministrativa, quindi valevo per loro ancora meno di te.
    e non ho dato battaglia perche’ non avrei saputo come campare.
    pero’ mi dispiace non aver combattuto, quindi fai bene, continua cosi.
    con solidarieta’
    cc

  5. Anonimo says:

    Valentina dopo tanti anni di layout, briefing, meeting report ne ho le palle piene, scusa ma volevo essere chiaro fin da subito. Quello che hai scritto non mi meraviglia affatto perchè quei personaggi esistevano già 30 anni fa quando iniziai la mia carriera. Oggi mi fanno molto schifo i manager delle grandi agenzie che mandano i loro baciapile alla ricerca di clienti/clientini strappandoli alle agenzie piccole. Fanno i grandi con i piccoli capisci… Vestono capi firmati ma, come dico io, hanno le calze bucate nel tallone. Se la tirano, tanto, sono vanitosi, amano sorseggiare gli aperitivi con mosse ciondolanti ma non sanno spegnere il mac perchè non sanno accenderlo. E non parliamo delle tante graziose signorine e signore disposte alla carriera. Hai fatto bene e mi pare sacrosanto ciò che hai denunciato. Tanti anni fa anche io mi sono messo di traverso e ho dichiarato tutto ciò che pensavo dell’allora mia classe dirigente, incapace, falsa, doppia se non tripla. Ho preso e me ne sono andato. Altri dopo di me hanno fatto lo stesso. Oggi dopo tanti anni, non ho più voglia di fare questo mestiere che pure tanto mi piace e non vorrei darti l’idea di un ottuagenario… ho solo 52 anni. Ma la realtà è questa. Dove si lavora a contatto con le falsità, con le bugie e le menzogne certificate il prodotto finale è questo. Ti auguro di trovare presto una nuova strada e non mollare. Mai. punto (citazione)

  6. Alexnando says:

    ciao, mi spiace che ti abbaino licenziata, ho scoperto il tuo blog attraverso il sito de La Stampa. Ora sei un segnalibro nel mio browser (grande consolazione, eh ?!….)

  7. Alexnando says:

    faccio un sacco di errori quando scrivo, però a volte ne vengono fuori delle genialate involontarie… “abbaino” doveva essere “abbiano”.. ma si vede che la natura canina dei tuoi ex datori dilavoro è affiorata fra le righe…. 😀

  8. Anonimo says:

    Complimenti Valentina! O il tuo è un caso di “sdoppiamento di personalità” oppure trattasi di ripugnante ipocrisia. Sputare arrogantemente come fai tu nel piatto dove fino a qualche attimo fa hai mangiato è già di per sé inconcepibile, ma continuare a sputarci dentro in attesa di tornare a mangiarci è veramente disgustoso ed insopportabile.
    Ho dato un’occhiata ai numerosi blogs e siti su cui scrivi e vi ho trovato in TUTTI un “pattern” pervasivo di tipo esibizionistico che si presenta con costante regolarità, pur in situazioni apparentemente diverse.
    L’idea che mi sono perciò fatto di te è che sei una bimbetta di 31 anni presuntuosa e viziata che reputandosi “speciale” ed “unica” crede che tutto le sia dovuto al punto di sentirsi persino autorizzata a smerdare pubblicamente il proprio mondo lavorativo. Evidentemente solo chi ha un senso esagerato di autoammirazione per la “grandiosità” del proprio talento e per l’importanza dei risultati raggiunti può permettersi certi “privilegi”.
    E’ per questo forse che non ti passa minimamente per la testa parlar male dell’azienda per la quale si lavora, diffondendo scorrettamente notizie in grado di danneggiarne l’immagine è già sufficiente a costituire giusto motivo di licenziamento: La tuo posto avrei ringraziato l’azienda se il licenziamento è avvenuto con la pietosa bugia della perdita del “grosso cliente” al fine di non danneggiarti ulteriormente, giacchè una che, come tu stessa affermi, “sputa nel piatto in cui mangia”, nessuna azienda vorrebbe poi assumerla, neanche da adibire alle pulizie. Ma tu sei così piena di te che ciò non lo pui capire, anzi al contrario “il tuo comportamento screditante ti sembrerà del tutto normale, per cui adesso anziché accettare e meditare sulle cause del tuo fallimento, ritenendo di essere stata ingannata, sfruttata e danneggiata senza giustificazione reagisci con rabbia e rancore nei confronti di persone che consideri colpevoli di complotto e di un tradimento ai tuoi danni, anche se più semplicemente non hanno fatto altro che mettere in discussione il tuo senso di onnipotenza e la tua convinzione di essere la migliore di tutti.
    Quindi impara la lezione e vedi piuttosto di “rivedere” il tuo senso di “unicità” e di autocompiacimento idealizzato o per dirla con altre parole: il tuo narcisismo incontinente.

    Salvatore

  9. pino says:

    forza Vale: non mollare! Però attenzione: non è solo il mondo della pubblicità ad essere di poco valore, è tutta la società (e quindi di riflesso…). O pensi che nel mondo dei libri funzioni tutto a meraviglia?

  10. Anonimo says:

    Come ho scritto altrove il discorso di Salvatore mi pare quello di un camorrista.
    “Senza il Sistema tu non sei nulla, perchè fai l’arrogante?”
    Ridicola mentalità italiota? Chi lo sa.
    Tene andrai a lavorare in Svizzera?
    Chi lo sa.

    Quel che è certo è che l’agenzia di pubblicità etica è un’idea mica male.
    Fammi un fischio se vuoi un passacarte da poter un giorno, catarticamente, licenziare su due piedi 😛
    Bye bye

    Marco

  11. Grazie a tutti!
    Anche per i commenti negativi: per carità è giusto che tutti abbiano le loro opinioni.

    L’unica cosa che ci tengo a sottolineare è che io continuo a farmi domande su quello che faccio.
    La pubblicità è un lavoro al limite.
    Può essere bellissimo e divertente, ma può anche essere un lavoro dove ti sfruttano fino all’osso.
    Può essere un modo per dar sfogo a quello che sai fare, alle tue manie d’artista, oppure può essere un mestiere dove ti imponi di fare esclusivamente ciò che vuole il cliente.

    Non è un lavoro limpido. Forse non lo è nessuno.
    Io mi faccio delle domande quando insceno la solita famiglia felice o quando metto la gnocca che saltella dal bagno al bidet, perché mi domando che influenza possa avere su una ragazzina vedere quegli stereotipi.
    Mi domando quanto sia giusto omettere i dettagli e fare lo slalom tra le parole quando parli di un prodotto.

    Omettere dettagli è come dire la verità?

    Ho venduto automobili senza saper guidare.
    Sarebbe cambiato qualcosa se i clienti l’avessero saputo?

    Ho saputo che alcuni clienti delle agenzie in cui ho lavorato avevano forti contatti con la camorra e col riciclaggio di denaro sporco.
    E io ero lì a far guadagnare loro fette di mercato.
    Stavo facendo la cosa giusta?

    che valore stanno dando al mio lavoro se non mi pagano un solo centesimo di straordinari, se è ovvio pretendere (e neanche chiedere) che una persona dedichi il week end a un progetto?

    Mi faccio continuamente domande su quello che ho fatto. E che forse continuerò a fare.

    Perché è bello. E’ un mestiere che mi piace. E perché è difficile.
    Perché ci sono troppe cose che non vanno bene, che non mi piacciono, e che onestamente non mi va più di assecondare.
    A costo di non lavorare più in quel mondo.

    Mi sto facendo vedere in giro, sto facendo colloqui, sto prendendo le misure al futuro.
    Io ci provo a fare qualcosa per cambiare quello che non trovo giusto.

    Il licenziamento è solo la punta dell’iceberg di un sistema malato da tempo.

    Magari non servirà a nulla.
    Non lo so.

    Ma è sempre meglio che stare zitti.

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