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Ho scritto un romanzo. Posso fartelo leggere?

Quando un giovane autore – o una giovane autrice- vuole che tu legga quello che scrive, prima ti aggancia con varie mail mielose, poi ti chiede se hai tempo di leggere il suo lavoro, sai l’ha spedito a varie case editrici, una forse glielo pubblica, ha avuto commenti riguardo al fatto che “scrive dannatamente bene”.
Tu speri bonariamente che abbia ragione, e nonostante le altre cose che hai da fare, ti fai spedire il plico.
Da lì comincia il delirio.

C’è l’ansia dell’attesa. La sua. Perché hai la sua opera tra le mani e non vede l’ora che tu la legga.
E allora ti manda mail carine tipo:
“Ciao Vale, ma che fine hai fatto? Non ti fai sentire più….baci”

Poi ti fai coraggio, apri il carteggio, cominci a leggere, e tutti i flebili dubbi che avevi rispetto alle sue tanto decantate doti, si concretizzano.
Quello che ha scritto è semplicemente brutto.
Oggettivamente brutto.
Allora glielo spieghi con le buone, che è tutto da prendere e cestinare.
Badate, non da rifare, ma proprio da buttare.
Non si salva niente, quello che ha scritto è un morto che cammina, e certi mostri vanno abbattuti.

Spiego con calma al giovane autore (che è anche donna, eh), che deve leggere, esercitarsi, insistere.
E la capacità di cestinare è un segno di crescita, di capacità di autocritica.
Arrivo da centinaia di pagine cestinate e da migliaia di incipit abortiti, io.

Ti spieghi molto sinceramente, perché è questo che ti ha chiesto: un giudizio sincero. Tu ti sei trascinata fino a pagina trenta senza riuscire ad andare oltre.
Perché di più non si poteva.

Stili la mail più educata del pianeta, ma anche la più ferma.
Invii.

Dopo un po’ arriva la sua risposta:
(ne faccio una sintesi… anche perché non vorrei sentirmi dire che non rispetto la privacy e cazzate simili)

(…) Accetto i tuoi giudizi
(…) ma ognuno crea il proprio stile anche nella confusione…chi lo ha letto ha capito benissimo l’ambientazione e via dicendo ed è stato catturato dal mio modo di scrivere
(…) ma ti posso assicurare che in giro ho letto tanta spazzatura che è stata pubblicata, senza un filo logico e senza dare emozioni…comunque questo è il tuo parere, non di tutti per fortuna. Ti ringrazio lo stesso.

Poi arriva una seconda mail di “rettifica” sui contenuti.

(…) Ah dimenticavo di dirti che ogni artista vive per la propria arte, e non per il commercio…è vero io scrivo per me stessa, non per gli altri, e questo mi basta.

Al che uno si domanda: E allora perché cazzo vuoi pubblicare?

(…)Non dico che il mio libro è un capolavoro(non ho questa presunzione), ma non mi sembra che sia totalmente da buttare via e cmq un lavoro (essendo una raccolta di storie), non si può giudicare dopo solo trenta pagine!!!

Faccio notare- ed è la verità- che nelle case editrici leggono solo la prima pagina. Se quella non convince, il lavoro finisce nel più grande archivio del mondo: il cestino.
Mi è stato chiesto un giudizio, l’ho dato.
Quindi come dire: tanti baci e in bocca al lupo per il futuro.

Risposta:

(…)per quanto riguarda lo stile di uno scrittore, non esistono più dei criteri da rispettare, anche la letteratura è diventata sperimentale…si vede che non conosci tanta letteratura inglese, da Virginia Woolf, James Joyce, Eliot
(…)… per fare della critica bisogna anche saperla fare ed essere aperta a varie espressioni che non siano necessariamente standard…

(…)il lettore deve collaborare col testo, deve essere un lettore attivo…leggi “Sei passeggiate nei boschi narrativi di Eco” o “Gli attrezzi del narratore” di Perissinotto…dal Novecento in poi non si cerca più un autore passivo, ma un autore che collabori col testo….

N.B.
Se ragiono da semplice lettrice, a me, quelli che mi danno un libro in mano e mi chiedono anche uno sforzo, oltre alla fatica di leggerli, mi fanno veramente incazzare.

(…)i giudizi costruttivi servono, non quelli distruttivi come i tuoi.

Mi domando: allora i giudizi costruttivi sono solo quelli positivi?
Io ho ricevuto migliaia di rifiuti. E mi sono serviti tutti.

(…) Non si butta mai un lavoro, perchè per quanto sia sbagliato, serve sempre per correggersi…Cara mia scrittrice hai tante cose da imparare anche tu, prima di salire in cattedra e giudicare…io continuerò per la mia strada…e ricorda che non si giudica una buona cena solo se si è allergici all’antipasto!

E poi il gran finale:

(…) però non essere così arrabbiata quando dai una valutazione, perchè davanti a te hai sempre e comunque una persona, con la sua sensibilità, è evidente che non conosci l’arte dell’eufemismo…potevi dire le stesse cose in maniera diversa…ma evidentemente non conosci dei modi più garbati…Ci tengo a precisare che accetto i giudizi, ma non il modo in cui li esprimi. Sei fredda, distaccata, distruttrice….

Infatti chi mi conosce sa che ho lo sguardo da invasata, urlo come un’ossessa qualsiasi cosa mi si chieda e soprattutto picchio i bambini.

(…)credo che dovresti respirare un pò e rilassarti, e rivedere una parte del tuo carattere che non è sinceramente facile da sostenere…..mi hai deluso, perchè vedevo in te una persona da cui poter imparare qualcosa, non una che mirasse a farmi passare la voglia di scrivere…le persone vanno incitate, non distrutte…saresti una pessima insegnante.

Ah, ci tenevo a precisare che ho lasciato la punteggiatura e la grammatica intatte.
E’ con estremo orrore che sto notando come la maggior parte delle persone (giornalisti compresi) scrivano “un po’” con l’accento invece che con l’apostrofo.

Che dire?
Aspetterò con ansia l’uscita del suo libro in tutte le librerie.
Torno a rimorchiare in rete, vah!

Ah, non chiedetemi di leggere i vostri lavori: non lo farò.

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