L’ADCI è l’Art Directors Club italiano, in teoria dovrebbe raccoglie le migliori menti pensanti e praticanti della pubblicità italiana.
Quest’anno ha orgogliosamente redatto un manifesto deontologico dell’ADCI che comprende soprattutto il corretto utilizzo dell’immagine femminile all’interno delle pubblicità.
Per la parità. E perché, insomma, se c’è stato tutto quel casotto rosa in piazza, vuoi non tenerne conto?
Bene.
Bravi.
Clap clap.
Dovete anche sapere che come ogni anno vengono rese pubbliche le giurie che decreteranno i migliori lavori creativi della pubblicità italiana.

Ecco i nomi:
sono 43 per l’adv (ovvero per la pubblicità tv/stampa e radio):
Agnello Dario, Albanese Luca, Anzani Fabio, Baccari Alberto, Bertelli Bruno, Boccassini Cristiana, Boscacci Davide, Bozza Francesco, Campora Stefano, Cesano Paolo, Cinti Maurizio, Citterio Alberto, Collini Bosso Rosemary, Cornara Guido, Cremona Marco, Del Pizzo Gaetano, Di Bruno Serena, Fontana Aureliano, Gallardo Hugo, Gasbarro Vincenzo, Gitto Vicky, Gonni Pier Giuseppe, Grasso Michela, Guerrera Francesco, Lampugnani Nicola, Lorenzini Luca, Maestri Pietro, Mainoli Flavio, Marcellini Cristina, Orlandi Alessandro, Pannese Luca, Ricci Daniele, Rossi Davide, Sabini Alessandro, Scotto di Carlo Luca, Silva German, Simonetti Francesco, Taddeucci Francesco, Tonnarelli Cristiano, Venturelli Marco, Viganò Marco, Vohwinkel Bruno, Zamboni Luca.
10 i nomi per il Web: Brunori Alex, Comino Luca, Cotti Leonardo, Di Battista Antonio, Longo Massimiliano Maria, Marini Patrizio, Musilli Manuel, Musto Gaetano, Righi Matteo, Spaccapeli Vincent.

Sono 5 donne su 43 nell’adv.
E nessuna nella sezione web.

Ci vorrebbero le quote rosa anche qui.
Perché secondo me l’ADCI potrebbe essere molto diverso se ci fossero più donne.
E sarebbe molto diverso anche il risultato delle votazioni.
E la credibilità del Club stesso.

Io credo che nell’ADCI ci sia ancora parecchio da fare.
I buoni intenti sono una cosa, ma cambiare davvero la mentalità è un’altra.

Per quel che mi riguarda insiste ad essere il solito circolino chiuso di persone – o meglio, di maschi- che si danno delle gran pacche sulle spalle a vicenda.

Si, si. Certo. Bravi.
Clap, clap.

  1. Yogasadhaka says:

    Mah, se interessa la testimonianza di uno che ha fatto la stessa domanda 15 anni fa ("Come mai così poche donne nell'ADCI?"), secondo me dipende proprio dal fatto che le donne, per motivi giusti e motivi sbagliati, sono poco interessate a entrare nel Club.

    Da questo punto di vista, tacciare l'ADCI di incoerenza perché le donne sono solo il 20% o meno è come lamentarsi che ai Girl Geek Dinners ci sono troppe donne. Formalmente corretto ma sostanzialmente sbagliato e inutile.

    Parte del problema femminile in Italia dipende ANCHE dal fatto che le donne, al di fuori della retorica lavoro-famiglia-casa-lavare-stirare, nell'ambito lavorativo si impegnano di meno degli uomini per gli obiettivi di carriera, e sono più rinunciatarie. Questa rinuncia in certi casi dipende da SAGGEZZA, in altri da scarsa PERSEVERANZA e scarsa volontà di superare gli ostacoli.

    Io NON ho mai visto valanghe di domande di iscrizione femminili respinte dall'ADCI.

    Il quale nella sua storia ha avuto UNA sola donna presidente e, se non ricordo male, totalmente disinteressata al problema della condizione femminile in pubblicità, almeno nel suo ruolo pubblico, a differenza di Massimo Guastini.

  2. Ciao Yoga.
    Sono contenta che tu abbia fatto la domanda 15 anni fa. E che ancora non ci sia risposta.
    Sul fatto che le donne si impegnino meno degli uomini per la carriera secondo me è discutibile.
    Vero è che ci sono condizionamenti fortissimi su più fronti.
    (personalmente mi è capitato più di una volta di essere scalzata da una promozione solo perché donna. Ora preferisco di gran lunga lavorare sola)

    Meno male che NON hai mai visto respingere domande di iscrizione, ci mancherebbe altro! : )

    Semmai credo che le domande di iscrizione femminili neanche pervengano all'ADCI per svariati motivi:uno potrebbe essere perché le donne effettivamente non hanno abbastanza ingressi per iscriversi (quindi c'è tutta un'analisi da fare su quante effettive possibilità abbiano in agenzia di fare un buon lavoro ed eventualmente carriera)
    Oppure perché lo reputano inutile.

    Io, attualmente, lo reputo inutile.
    Quant'è la somma? 260 euro? Per avere in cambio cosa?
    Un tomo stampato (che non vale nulla nel mondo dell'editoria, e per quel che ne so, non è neanche una "bibbia per clienti") e poi?

    Mah. Ti dico: non lo trovo un luogo appetibile.
    Non lo trovo autorevole.
    Non credo neanche sia una questione di età di chi ne fa parte. Magari più che cercare le motivazioni nel club, vanno cercate nelle agenzie. O nel tipo di immagine che il club trasmette.

    A nessuno è mai venuto in mente di chiedere alle donne come mai non ci sono?
    Magari basta un semplice giro di mail.
    O di telefonate.

  3. Gianni says:

    Guarda, non è che le donne si impegnino "di meno" nella carriera. Però, sia per motivi culturali, sia per motivi (probabilmente) genetici, le donne sono meno disponibili a correre rischi e si scoraggiano più facilmente di fronte agli ostacoli.

    Ci sono alcuni dati che dimostrano la maggiore propensione al rischio e la maggiore testardaggine degli uomini (e non sono dati necessariamente lusinghieri):

    – Il 90% dei reati violenti è commesso da uomini;
    – La maggior parte delle morti e degli incidenti gravi sul lavoro riguarda uomini;
    – Gli uomini hanno anche più incidenti stradali perché guidano in modo più rischioso;
    – Lo stalking è un problema che riguarda principalmente donne ASSEDIATE e MINACCIATE da uomini e non il contrario.

    Se i dati di fatto non lusinghieri appena espressi rappresentano la faccia brutta della medaglia, l'altra faccia è che più facilmente gli uomini sono disponibili a giocarsi la carriera accettando incarichi rischiosi ma potenzialmente premianti e superando gli eventuali fallimenti.

  4. Caro Gianni, grazie per le statistiche, ma c'è secondo me una cosa che sottovaluti:
    mi hai appena elencato quelle che tu stesso definisci "caratteristiche maschili" come se fossero le uniche sensate e premiabili all'interno di un'azienda.
    Come se solo il "correre rischi" fosse il valore per fare carriera.
    Infatti è grazie a questo "correre rischi" sempre e comunque che un sacco di aziende sono andate in malora. proprio per manager che alla fine sono stati travolti (e si sono portati dietro) budget e aziende.

    Se magari si imparasse che anche l'apporto femminile – probabilmente più razionale e pragmatico- è un valore fondamentale non avremmo gli attuali disastri.
    è questo che dico quando dico che le cose devono cambiare: che non si può misurare il mondo solo in un'ottica maschia.
    Se l'avete fatto fino ad ora d è sempre stato così non significa che sia l'unica strada percorribile.

    Sullo scoraggiarsi di fronte alle avversità, mi dispiace, ma su questo proprio non sono d'accordo.

  5. pino s. says:

    Mah, solo pensare che le donne accettino e cerchino la maternità cancella del tutto la teoria che "le donne sono meno disponibili a correre rischi e si scoraggiano più facilmente di fronte agli ostacoli".
    E sono d'accordo con la Vale sulla presenza delle donne ai vertici delle aziende. Nel nord Europa, questa regola è stata imposta dalla legge, e le aziende da allora vanno meglio sul mercato

  6. Anonimo says:

    a proposito dell'imperante ottica maschia, farò una domanda provocatoria.
    sarà un caso che 2 di queste 5 donne nell'ADCI (per le altre 3 non posso dirlo, non le conosco) di femminile non hanno niente di niente?

  7. Anonimo says:

    Bèh, ma scusa, è chiaro: sono "le migliori menti pensanti e praticanti della pubblicità." Di che ti lamenti?

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